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E-BORESU nº 5

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Con l’arrivo a Napoli di Carlo di Borbone, nel 1734, cessata la plurisecolare dipendenza delle Sicilie da sovrani esterni e non residenti, prese subito avvio la formazione di una corte che divenne ben presto motivo di ammirazione per diplomatici e viaggiatori stranieri, oltre che uno dei simboli della politica di rafforzamento del nuovo Stato e della sua autonomia.A lungo trascurata dalla storiografia, la corte di Carlo e Maria Amalia viene qui indagata da punti di vista molteplici: le continuità e le discontinuità rispetto ai precedenti modelli vicereali e ad altri modelli europei, l’importanza simbolica di cerimonie e etichette nella costruzione di gerarchie cetuali e statuali, i contesti architettonici e la pluralità delle sedi, da Napoli e Capodimonte a Caserta e Carditello, da Portici a Persano. Nozze, nascite, funerali, rappresentazioni teatrali e scavi archeologici, partite di caccia e cerimonie laiche e religiose furono altrettante occasioni di esibizione della maestà del re e della sua munificenza, momenti celebrativi della unione tra il sovrano e il suo popolo. Anche inchini e baciamani potevano servire a costruire una civiltà delle buone maniere e a forgiare un’immagine di prestigio dello Stato napoletano sulla scena europea.